Per mia grande fortuna, Mario di Marzio, mi ha dato la possibilità di fargli alcune domande circa il suo ultimo romanzo dal titolo “Gente de Strada”, edito dalla casa editrice Amarganta. Vi ricordo che Mario è stato già mio ospite in questo blog per un altro romanzo il cui titolo è Il tempo rimasto, l’alba di un nuovo giorno, l’amore per la vita”, per il quale si era aggiudicato il primo posto sezione B – narrativa e teatro a tema, al concorso di poesia narrativa e teatro “Memorial Giovanni Leone” seconda edizione dal titolo “I valori della famiglia”, organizzato dall’Ass. Luce dell’Arte. Era lì che avevo avuto modo di incontrarlo ed è da lì che è partita la nostra piccola collaborazione. Come direbbe proprio lui: “andiamo al dunque!”, che adesso parla Mario!
Adesso parla Mario: Cosa o chi ispira i tuoi romanzi e in che misura questo racconto in specifico parla di te?
Non potevo non chiedere a Mario cosa lo ispirasse o chi potesse essere la sua musa ispiratrice. Ognuno di noi è curioso di conoscere i retroscena di un romanzo quando ci colpisce. Lui ci ha risposto così:
L’ispirazione dei miei romanzi viene dal mio intenso percorso di vita. Ho avuto la possibilità di conoscere molta gente diversa durante la mia vita, sia in ambito lavorativo che sociale. Ho sempre preferito “essere” piuttosto che “apparire”. Il resto lo ha fatto la mia fantasia o la mia florida immaginazione.
Il tuo romanzo è uno spaccato di vita vera, quali sono le ragioni che ti portano a parlare di fatti veri e non di fatti di semplice invenzione?
Ho sempre pensato che ci fosse una grande differenza nel raccontare una storia vera da quella di fantasia. Nella stesura del racconto ci sono stati momenti in cui ho rivissuto delle emozioni forti, che sembravano oramai essere accantonate nella mia memoria, credo sia questo che mi spinge ad andare avanti in questa direzione.
Mi ritrovo ad essere d’accordo con il nostro autore. Quando si raccontato fatti realmente accaduti, il nostro vissuto riaffiora e con lui tutte le sensazioni, le emozioni rimaste assopite per molto tempo. Talvolta potrebbe essere doloroso, altre volte la nostalgia ti attanaglia la gola. Tuttavia credo che in qualsiasi caso sia bello misurare le proprie emozioni, sia che siano negative che positive, senza dubbio fanno parte della nostra crescita personale!
Adesso parla Mario: Perché hai scritto questo romanzo e quali sono state le emozioni che hai provato, o le sensazioni che sono emerse durante la stesura del romanzo?
Ho scritto questo romanzo e l’ho dedicato a due miei amici che ora non ci sono più già da diversi anni. Con loro ho condiviso un periodo molto bello della mia esistenza. Volevo omaggiare i nostri ricordi, volevo parlare ancora con loro, volevo ridere come facevamo un tempo, volevo trascorrere dei momenti in loro compagnia, tutto qui!
Ci dispiace per Mario, la perdita di qualcuno inevitabilmente segna. Il modo più carino per ricordarci con affetto di qualcuno è proprio dedicare loro i nostri pensieri, le nostre emozioni e penso che con questo romanzo Mario abbia saputo dire, ai suoi amici perduti, grazie di aver trascorso insieme momenti spensierati, che hanno arricchito la vita di ognuno di loro. L’amicizia è qualcosa che, quando è vera e sentita, non finisce, nemmeno quando ce la strappa via la morte. Avere un amico vuol dire stare dentro “a na botte de fero”, come direbbe Mario nel suo amato romanesco!
Forse la scelta del titolo in apparenza potrebbe essere scontata, ma a mio avviso c’è molto di più dietro il titolo, vorrebbe spiegare ai lettori se c’è e cosa?
Sia il titolo, che la copertina, che il racconto narrato sono tutti strettamente collegati. I bagordi notturni dei tre amici, il modo in cui si relazionano tra di loro, come le loro vite si intersecano con la gente che abitava la strada in quegli anni… per questo ho chiesto a Mario cosa significasse per lui. Le differenze sociali hanno un peso specifico che nessuno riuscirà ad abbattere mai. C’erano allora, ci sono adesso e ci saranno sempre, purtroppo è così! È il rovescio della medaglia con cui siamo costretti a vivere!
Il titolo e anche la copertina rispecchiano esattamente quello che volevo rappresentare e che ho scritto nel libro. Raccontare la storia di tre amici di periferia e far emergere le loro difficoltà di inserimento nella società “per bene” degli anni ottanta.
Adesso parla Mario: A chi è rivolto questo romanzo?
Ci sono romanzi che sono per molti, e poi ci sono quei romanzi che sono per tutti. Ecco, questa è una di quelle storie che possono leggere davvero tutti, soprattutto perché parla di contenuti attuali e induce il lettore alla riflessione. Sentiamo cosa ne pensa lui!
Il romanzo è rivolto a tutti, sia alle persone adulte che ai giovani. Ai primi per far ricordare loro gli anni oramai andati, non credo che i quartieri di San Paolo, Tormarancia e Garbatella in quegli anni siano stati diversi da Pietralata, Tiburtino o Casal Bruciato, tanto per nominarne alcuni. E poi mi piacerebbe che lo leggessero i giovani, per fa sì che non dimentichino che il loro presente è stato il nostro passato.
Adesso parla Mario: Se dovesse dare un volto famoso al suo romanzo di chi sarebbe e perché?
Senza ombra di dubbio il volto sarebbe quello di Pier Paolo Pasolini. A mio avviso lui è stato un personaggio che ha saputo rappresentare magistralmente, sia nella letteratura che nella cinematografia, le borgate e le periferie, facendo conoscere a tutti l’esistenza di un mondo diverso dove il degrado e le difficoltà si respiravano in ogni dove. Ha saputo raccontare il modo di vivere di molti di noi, noi che altro non siamo che “gente de strada”, che dovevano affrontare quegli anni duri sotto molti aspetti. Le famiglie venivano da ogni parte d’Italia per avere e dare una speranza di vita a loro stessi e ai loro familiari. Spero di essere riuscito a trasmettere al lettore quanto sopra descritto.
Ringrazio Monica del blog letterario scriviloconleparole.com della meravigliosa intervista e un forte abbraccio a tutti i lettori.
Gli anni ’80
Gli anni ottanta sono stati anni duri è vero, però vanno ricordati comunque con affetto e un pizzico di nostalgia. Forse era tutto più difficile, sembra un paradosso, ma credo che allora fosse tutto più facile rispetto a ora, dove tutto è talmente cambiato da non sembrarti nemmeno reale. Sembra proprio che sia il caso di dire: “se stava mejo quanno se stava peggio!”, Mario e il dialetto romano mi hanno contagiata!
Per concludere ringrazio Mario per essere stato paziente e aver risposto alle mie curiosità. Quindi: intanto vi invito a leggere “Gente de strada”, e poi, aspettiamo con curiosità l’uscita del suo nuovo romanzo, che da alcune indiscrezioni so che è in fase di lavorazione!