Donato Carrisi, mi ha lasciata di nuovo piacevolmente sorpresa della sua opera “La casa delle voci”. Non è un thriller mozzafiato, tuttavia i colpi di scena non mancano e cosa anche più importante lascia che ti attacchi morbosamente alle pagine che scorrono veloci. Devi scoprire la verità ad ogni costo, così come lo vuole l’addormentatore di bambini: Pietro Gerber, il vero protagonista della storia!
La casa delle voci: cinque semplici regole
Ci sono cinque semplici regole da rispettare e lei lo sa perfettamente, altrimenti gli estranei potrebbero portarla via e distruggere tutto quello che conosce da che ne ha ricordo. Queste regole fanno sì che la piccola bambina possa concedersi il suo angolo di felicità con la sua mamma e il suo papà. Per questa ragione lei si deve sempre fidare solo e soltanto di loro, non deve riferire a nessuno il suo nome. Lei sa di essere solo una bambina, ma si impegnerà con tutta se stessa per non deludere le aspettative dei suoi genitori, in fondo loro la stanno solo proteggendo.
“Una carezza nel sonno. Nel nebbioso confine con la veglia, un attimo prima di precipitare nell’abisso dell’oblio, il tocco leggero di dita gelide e sottili sulla fronte, accompagnato da un triste e dolcissimo sussurro. Il suo nome.”
La casa delle voci: l’addormentatore di bambini
Pietro Gerber è uno psicologo infantile, il suo lavoro è molto diverso da quello dei suoi colleghi. È chiamato “l’addormentatore di bambini” e quando lo fa, riesce ad arrivare fino nel profondo di ciò che li ha privati della normalità. La sua specializzazione è l’ipnosi. I suoi sono piccoli pazienti bisognosi di cure particolari che hanno un vissuto drammatico o addirittura atroce e spesso sono in possesso di informazioni preziose che hanno sepolto nella loro fragile memoria.
Pietro Berger
Pietro è il migliore a Firenze. Ha avuto un ottimo mentore. Anche suo padre esercitava la stessa professione, il Signor B. (il Signor Baloo), era un professionista stimato sia nel campo della psicologia, che in quello più modesto del contesto cittadino in cui viveva. Pietro non solo ha intrapreso la strada del padre, è diventato anche un consulente del tribunale, grazie al Giudice Anita Baldi, per aiutare i suoi piccoli pazienti coinvolti in situazioni difficili.
“Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Oppure il più pericoloso.”
La telefonata che gli cambierà la vita
Un giorno Gerber riceve la telefonata di una collega dall’altra parte del mondo: l’Australia, che lo esorta a prendersi cura di una sua paziente. La sua diffidenza circa l’incarico cresce quando sa che deve fare i conti con un’adulta e lui lavora solo con i bambini. Tuttavia si incuriosisce, perché Hanna Hall è tormentata dal vivido ricordo che risale alla sua infanzia e sta venendo in Italia per risolvere la questione, dal momento che il fatto è successo nella campagna Senese.
Chi è Hanna Hall?
Hanna Hall ha un disperato bisogno di capire se quel frammento di memoria corrisponde alla verità, oppure è un’illusione, e per poterlo scoprire ha bisogno di Gerber. Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina che nel corso della sua infanzia ha sperimentato una vita molto particolare, ha avuto tanti nomi diversi e che è stata sempre tenuta lontana dagli estranei, considerati nemici. Col la sua famiglia ha vissuto una vita felice migrando da una casa incantata all’altra: la famigerata casa delle voci.
Quella bambina di dieci anni ha assistito a un omicidio? Forse, o forse no! Oppure è stata proprio lei a commetterlo e ha rimosso dalla sua memoria l’evento drammatico? La donna sostiene di aver sentito tante volte delle voci, forse di qualcuno che gli era vicino, ma non ha mai visto nessuno. Quindi cosa ha visto e sentito realmente nella sua infanzia? Quali sono le verità che nascondono i ricordi della donna?
“Iscio stava per Maurizio, ma lo chiamavamo così fin da bambini. Era un destino che prima o poi, toccava sempre a qualcuno in tutte le famiglie: magari la tua sorellina più piccola sbagliava a pronunciare il tuo nome e, siccome tutti lo trovavano tenerissimo, quella specie di verso incomprensibile ti rimaneva appiccicato a vita.”
L’arte dei soprannomi
Questo è proprio quello che accade nella vita reale. Quando ero piccola non riuscivo a pronunciare il nome di mia sorella che si chiamava Valeria e le affibbiai il nomignolo “Ieia”. Gli anni sono passati, il nomignolo è rimasto! L’abbiamo sempre chiamata con quel delizioso soprannome, per me e i miei genitori lei è sempre stata Ieia e lo sarà sempre. Il mio piccolo grande uomo ha il soprannome di “Tato” da che ne ho ricordo, sono passati anni da quando il fratellino gli ha affibbiato quel nomignolo tenero, tanto che tutti lo chiamiamo così e con ogni probabilità anche quando avrà cinquanta anni.
La casa delle voci: il campanello legato col filo rosso
Ci sono dettagli che in qualche modo hanno attirato la mia attenzione, come quello sopracitato sui soprannomi e questo del campanellino legato ad un filo rosso su un polso o alla caviglia di una persona, di cui proprio qualche giorno fa ne ho scoperto l’origine. In un passato molto lontano era usanza legare questo laccetto rosso con un campanello alle persone trapassate, per evitare che se non fossero morte davvero avrebbero suonato il campanello muovendosi, tornando così alla vita. Lo so, è inquietante, eppure è una vecchia usanza che l’autore, Donato Carrisi ha magistralmente utilizzato per narrare un’esperienza raccontata da Hanna Hall.
La casa delle voci: terapia ipnotica e regressiva
Ci ritroviamo di nuovo a parlare dell’ipnosi regressiva, attraverso la quale è possibile arrivare a conoscere frammenti di memoria sepolti dalla quotidianità, oppure semplicemente rimossi perché è più facile metabolizzarli. Molto spesso alcuni eventi drammatici preferiamo nasconderli alla nostra memoria per proteggere il nostro io. Se questo sia giusto o meno non ci è dato di saperlo, tuttavia, credo che comunque ci faccia bene per sopravvivere a qualcosa che ha sconvolto il nostro naturale percorso di vita. E non è importante quanto sia grave o drammatico l’evento, anche delle piccole cose possono sconvolgere la nostra mente al punto tale da volerle rimuovere.
“L’ipnosi è un vaco aperto nell’ignoto. Alcuni vogliono esplorarlo, altri non se la sentono perché hanno paura di scoprire cosa oppure chi troveranno lì sotto.”
La mia relazione con l’ipnosi e la terapia regressiva
L’ipnosi, la terapia regressiva o in qualsiasi altro modo volgiamo chiamarla è qualcosa che può spaventare sotto tanti punti di vista. Personalmente sono molto affascinata e attratta da questo tipo di ricerca interiore tanto da provare a cimentarmi, potete leggere qui e qui gli articoli circa i risultati da me ottenuti riguardo all’argomento. Di fatto ne sono uscita più intrigata e affascinata che mai, con una voglia di mettermi in gioco ancora più viva!
La mia curiosità è nata molto tempo fa grazie alla lettura di un romanzo di Brian Weiss, Molte vite un solo amore, nel quale attraverso le regressioni dei suoi pazienti, il Dottore, spiega il suo lavoro sulla terapia regressiva alla vite passate. Il Dr. Weiss riesce a far regredire i suoi pazienti portandoli nelle loro vite precedenti a quella che stanno vivendo, per riuscire in questo modo a curare patologie o problemi persistenti che intralciano la vita che stanno vivendo. Sono esperienze che lasciano il segno, in qualche modo è come compiere un viaggio a ritroso nel tempo che ci permette di capire chi siamo davvero!
La casa delle voci: una lettura coinvolgente
Il romanzo in questione, come avevo accennato nell’incipit, mi ha lasciata piacevolmente colpita. È costruito ad arte nei dettagli, è inquietante, sconvolgente e coinvolgente al punto giusto, e sicuro è un romanzo che consiglio di leggere, perciò che aspettate? Buona lettura!